1. Premessa
I problemi legati alla formazione di condensa ed alla conseguente comparsa di macchie di umidità e di muffe sulle pareti degli ambienti abitati sono una tra le patologie più diffuse nell’ambito delle costruzioni.
Le cause che alimentano queste problematiche sono molteplici e possono, in certi casi, combinarsi tra loro rendendo difficile l’individuazione della natura precisa del fenomeno.
La muffa negli ambienti di vita viene vista non solo come responsabile di problemi estetici ma anche come indicatore di problemi igienico-sanitari e di scarso comfort e benessere ambientale.
L’eliminazione della condensa e dei problemi da essa indotti, a prescindere dalle possibili cause del fenomeno di cui si dirà nel seguito, rappresenta un problema di non facile soluzione quando la casa è già abitata.
Ben più semplice è invece seguire alcune regole in fase di costruzione dell’edificio che consentano di prevenire problemi futuri.
Certo è che l’umidità attiva un processo di degrado dei materiali che compongono la parete che li danneggia non solo in modo visibile ma anche invisibile.
La comparsa di macchie di umidità porta nel tempo al degrado ed allo sfaldamento dell’intonaco; in questo processo restano coinvolti, in caso di condense interstiziali, anche i materiali isolanti interposti nelle pareti.
Negli ultimi decenni si è fatto molto per affrontare tutti i fenomeni di degrado dovuti all’umidità: molti tecnici e aziende hanno ideato e prodotto nuovi materiali e nuove tecnologie ma i fattori che maggiormente possono garantire ad un edificio di non incorrere in queste patologie restano sempre la corretta progettazione dei componenti, dalla scelta della tipologia costruttiva e dei prodotti più idonei, alla corretta posa in opera dei materiali, e lo svolgimento delle necessarie verifiche termoigrometriche in fase di progetto.
In questo articolo si propone una panoramica sui diversi aspetti che entrano in gioco nei fenomeni di condensa.
2. Comfort e benessere abitativo
È piuttosto difficile definire con precisione quali siano le condizioni ambientali corrispondenti al benessere abitativo.
Le condizioni di comfort termico ed igrometrico non dipendono infatti solo dalla temperatura dell’aria.
Il clima che si determina in un ambiente dipende oltre che dalla temperatura, da una complessa serie di fattori tra i quali il movimento dell’aria, il suo grado di umidità, la conducibilità termica dei materiali, la temperatura delle pareti con le quali il corpo scambia calore per irraggiamento.
Questi fattori, inoltre, interagiscono con le caratteristiche individuali del corpo umano (metabolismo, vestiario, temperatura della pelle) e contribuiscono a dare una sensazione di benessere oppure una influenza negativa sull’organismo.
Ad esempio, in inverno è possibile ottenere situazioni di comfort con le temperature dell’aria anche inferiori ai 20°C se si aumentano le temperature superficiali delle pareti; in estate è possibile sopportare una temperatura dell’aria superiore ai 26°C se c’è una ventilazione e le pareti non hanno temperature superiori all’aria.
In queste osservazioni che riguardano la possibilità che le pareti mantengano un certo regime di temperatura o meno entra in gioco un ulteriore aspetto a complicare le cose: l’inerzia termica.
Quello di “inerzia termica” è un concetto abbastanza intuitivo ma nello stesso tempo estremamente difficile da “calcolare” e da esprimere in forma numerica.
Si può constatare facilmente che, a parità di temperatura interna dell’aria si ha una sensazione di benessere in alcuni ambienti (per esempio in locali con murature di un certo peso e spessore) ed una sensazione di disagio in altri (per esempio se il locale in cui ci troviamo ha ampie superfici vetrate la cui temperatura superficiale è inevitabilmente molto diversa da quella dell’aria ambiente).
In generale possiamo dire che la situazione di benessere si ha quando tra la temperatura dell’ambiente e la temperatura di superficie delle pareti circostanti ci sono non più di 2÷3°C di differenza.
Le logiche progettuali rivolte soprattutto al contenimento dei consumi energetici hanno comportato l’aumento delle caratteristiche di tenuta dei serramenti ed hanno drasticamente ridotto il tasso di ricambio d’aria all’interno degli alloggi aggravando le problematiche connesse, quali l’aumento di concentrazione di inquinanti e di condensazione superficiale.
Il rapporto temperatura-umidità riveste comunque un ruolo fondamentale: a 20°C l’umidità relativa dell’aria dovrebbe essere compresa tra il 50 ed il 70% per garantire il benessere.
Il problema dell’eccessiva umidità all’interno delle abitazioni è causato quasi sempre da una produzione di vapore da parte degli abitanti delle case (cucinando, lavandosi, nell’asciugare i panni, ecc.). Per ripristinare lo stato di benessere e per evitare danni (muffe, ecc.), tutta questa acqua in forma di aria umida deve in qualche modo essere smaltita.
Purtroppo per diffusione (traspirazione) dei muri ne possono essere smaltite quantità piuttosto modeste; la maggior parte deve essere eliminata con la ventilazione, per esempio aprendo le finestre.
L’umidità dell’aria nelle nostre case è tutt’altro che costante; il suo andamento invece si manifesta in forma di picchi che facilmente possono superare il livello ammissibile del 70%.
Per questo motivo è importante che le superfici interne (muri, solai, pavimenti) abbiano la capacità di “assorbire” il più possibile l’umidità dell’aria e di restituirla in un secondo tempo nell’ambiente.
Questo effetto “a spugna” rimane intatto a condizione che il materiale non venga trattato con sostanze che riducono la traspirazione e la permeabilità al vapore.
La caratteristica di traspirazione delle superfici interne è dunque molto importante per compensare i picchi di umidità. Un intonaco cementizio ad esempio assorbe molto meno di una lastra di gesso, mentre il legno può assorbire ancora più del gesso.
Per limitare sia l’inquinamento interno che l’eccessivo tenore di umidità relativa è peraltro necessario mantenere un adeguato ricambio d’aria all’interno degli ambienti anche in inverno.
In linea di massima nelle abitazioni si deve considerare un ricambio di almeno metà del volume d’aria contenuta nell’ambiente ogni ora (n=0,5 V/h), ricambio che dovrebbe essere garantito meccanicamente o naturalmente.
Quasi sempre, invece, i ricambi d’aria risultano inferiori al livello sopra indicato ed in concomitanza con murature non traspiranti e serramenti ermetici, e magari con una scarsa attenzione progettuale o di esecuzione della costruzione, possono così proliferare muffe e condense.
3. I fenomeni di condensazione nelle costruzioni
In generale i fenomeni di condensa nelle pareti degli edifici sono classificabili in due tipologie principali:
- la condensa interstiziale: si manifesta all’interno della parete in determinate condizioni che verranno descritte nel seguito;
- la condensa superficiale: si verifica quando, per cause di diversa natura, la temperatura sulla superficie interna della parete scende al di sotto della temperatura di rugiada in concomitanza con la presenza di elevati valori di umidità relativa dell’aria interna.
L’insorgere di tali fenomeni può compromettere come già accennato, anche in modo decisivo, oltre che la durabilità delle stesse pareti, anche la vivibilità dell’ambiente su cui esse si affacciano.
In generale il danneggiamento della parete dovuto a fenomeni di condensazione può comportare:
- la presenza di acqua di condensazione sulla superficie interna della parete;
- la crescita di colonie fungine;
- il danneggiamento degli intonaci;
- l’imputridimento di eventuali parti in legno;
- la riduzione del grado di isolamento globale della parete;
- la migrazione di sali eventualmente presenti all’interno dei materiali che compongono la struttura e la conseguente comparsa di efflorescenze.
È bene precisare fin d’ora che i fenomeni sopra illustrati dipendono in massima parte dalle condizioni ambientali interne ed esterne e dal contenuto di umidità dell’aria; in altre parole dal funzionamento (più o meno corretto) del sistema “edificio + impianto di riscaldamento”.
In tal senso l’analisi dei fenomeni di condensazione deve essere svolta in modo accurato, considerando l’edificio (inteso come “macchina per abitare”) nella sua globalità, e soprattutto evitando analisi frettolose e preconcette.
Le cause che possono indurre alla formazione di condensa possono schematicamente essere ricondotte ad errori di natura progettuale, ad errori di esecuzione e, fattore non trascurabile, ad una cattiva conduzione dell’impianto di riscaldamento e nell’uso dell’edificio.
Gli errori progettuali più ricorrenti sono:
- non adeguato isolamento dei ponti termici: bisogna anche tenere presente che l’effetto di “ponte termico” risulta tanto più accentuato quanto più viene aumentato il grado di isolamento dei componenti al contorno;
- errata stima delle conducibilità dei materiali impiegati in condizioni di esercizio che possono risultare anche molto superiori a quelle dichiarate;
- spessori delle pareti troppo esigui;
- mancato utilizzo di mezzi per il controllo dell’umidità relativa all’interno degli ambienti: questa può risultare molto elevata per gli apporti di vapore dovuti alla presenza di persone e dal compimento di particolari operazioni (uso di stufe, fornelli, cottura di cibi, asciugatura di biancheria, sviluppo di vapore nei bagni, ecc.);
- utilizzo di serramenti ad elevata tenuta senza provvedere nel contempo ai ricambi d’aria attraverso opportune aperture o impianti di ventilazione.
Tra gli errori di esecuzione della costruzione si ricordano:
- errata posa degli isolanti;
- spessore degli isolanti inferiori a quelli fissati dal progettista o previsti dalle normative vigenti;
- impiego di materiali isolanti che degradano nel tempo;
- impiego di intonaci plastici esterni che eliminano le possibilità di traspirazione della parete;
- mancata protezione delle murature in fase di posa in opera: questo aspetto è particolarmente rilevante quando si costruisce in muratura portante e può comportare, in caso di pioggia, una bagnatura della muratura che, a seguito del successivo veloce completamento della parete, non ha tempo e modo di asciugarsi adeguatamente;
- impiego di tipologie di parete che innescano fenomeni di condensa interstiziale con conseguente degrado delle prestazioni termiche dei materiali costituenti la parete e riduzione del grado di isolamento termico di quest’ultima.
Per quanto attiene gli errori di conduzione degli impianti di riscaldamento ed il cattivo uso dell’edificio si menzionano:
- l’intermittenza del riscaldamento che fa raffreddare soprattutto le pareti esterne: seguendo per esempio un ciclo di riscaldamento ed attenuazione notturna più attento alle condizioni ambientali esterne, si evita di abbassare troppo la temperatura di notte evitando in tal modo un accumulo di umidità. Lo spegnimento notturno del riscaldamento può agevolare la formazione di condensa in camera da letto con la produzione di vapore acqueo in concomitanza con l’abbassamento della temperatura dell’aria interna e, di conseguenza, di quella superficiale delle pareti;
- mancanza della cappa di aspirazione in cucina;
- presenza di mobili addossati alle pareti esterne (per esempio armadi a muro posti a diretto contatto con pareti perimetrali esposte, essendo dotati di una considerevole resistenza termica, provocano un abbassamento della temperatura superficiale della parete cui sono addossati e soprattutto quella dei relativi ponti termici).
Va rilevato che anche la presenza ormai sempre più diffusa di impianti di riscaldamento autonomi con orari di accensione discordi ed utilizzo saltuario degli stessi porta ad un sottoriscaldamento generalizzato dell’edificio che può diventare concausa di fenomeni di condensa nei locali più esposti e male isolati.
3.1. La condensa interstiziale
Si tratta del caso in cui il vapore condensa all’interno della muratura. Per evitare la condensa “interstiziale” si può operare su tre elementi:
- diminuire l’UR interna;
- aumentare la temperatura della parete adottando una tipologia costruttiva che garantisca un adeguato isolamento;
- aumentare la resistenza al vapore degli strati interni e diminuire quella degli strati esterni.
Un errore tipico, più frequente di quanto si possa immaginare, consiste nel porre una barriera al vapore a valle dell’isolante, verso l’esterno. Anche la realizzazione di rivestimenti di facciata plastici o ceramici può essere un grave errore se non verificata preventivamente a livello progettuale.
La conseguenza immediata della condensazione interstiziale è la riduzione del potere isolante della struttura e quindi un aggravamento del fenomeno con accumulo di umidità nella muratura e nelle intercapedini.
Durante la stagione estiva l’umidità eventualmente accumulatasi d’inverno deve poter evaporare asciugando la muratura. Questo non avviene sempre, per esempio, nelle pareti poco soleggiate (ad es. rivolte a nord) o in presenza di superfici poco traspiranti verso l’esterno. In questi casi la muratura si presenterà alla successiva stagione invernale con dell’umidità residua e quindi con una situazione destinata a peggiorare progressivamente negli anni.
3.2. La condensa superficiale
Il fenomeno della condensa superficiale interessa gli ambienti nei quali le pareti raggiungono in superficie temperature inferiori a quelle di rugiada in presenza di determinati livelli di umidità.
Per evitare che tale fenomeno avvenga si possono ipotizzare i seguenti rimedi:
- riduzione dell’umidità relativa interna: ciò si può fare diluendo l’aria interna con una adeguata ventilazione, in funzione della produzione di vapore che avviene all’interno ed è dovuta alle persone ed alla loro attività (es. cottura dei cibi, lavaggi, ecc.);
- aumentare la temperatura interna: seguendo per esempio un ciclo di riscaldamento e attenuazione notturna più attento alle condizioni ambientali esterne, si evita di abbassare troppo la temperatura di notte evitando in tal modo un accumulo di umidità;
- eliminazione dei punti freddi: sono i ponti termici, dove è più forte la disomogeneità di temperatura e dove perciò si forma la muffa. Per eliminarli è necessario che le pareti abbiano caratteristiche di isolamento termico uniformi: questo aspetto è facile da prevedere e realizzare al momento della costruzione, molto meno facile è porvi rimedio a posteriori.
Il livello di umidità in un ambiente è in equilibrio se il vapore smaltito è in quantità uguale a quello entrante nell’ambiente e prodotto cioè dall’attività dell’uomo.
La quantità di liquido che esce dipende dalla resistenza al passaggio del vapore delle pareti di chiusura dell’ambiente. Tale resistenza è rappresentata dal reciproco della permeabilità degli strati che costituiscono la parete.
La quantità di vapore uscente dalle murature è tuttavia modesta e la velocità di propagazione molto lenta. Conseguentemente, per evitare che il livello aumenti fino a livelli pericolosi, occorre anche smaltire il vapore in altro modo e cioè diluendo l’aria interna carica di umidità con quella esterna più asciutta.
4. Possibili soluzioni dei problemi di condensa
Come detto i problemi di condensa possono essere facilmente prevenuti “a priori” con una adeguata progettazione e verifica del rischio.
Nella maggior parte dei casi tuttavia ci si trova a fronteggiare il problema ad edificio finito e già abitato; in tal caso risulta assai più complesso intervenire.
Bisogna premettere che è difficile fornire una “ricetta” di validità generale in quanto ogni caso può avere cause e concause diverse che rendono necessario un esame specifico delle singole situazioni.
Si impone in queste circostanze un attento esame che prevede per prima cosa una valutazione delle condizioni termoigrometriche dell’ambiente che consenta di stimare il livello medio della temperatura e dell’umidità che caratterizzano “lo stile di vita” degli abitanti.
Se in seguito a questo si constata un eccesso di umidità relativa si deve allora prevedere un sistema di aspirazione meccanico di piccola portata che aspiri l’aria dai bagni e dalla cucina. Contemporaneamente si potranno installare delle bocchette autoregolanti sui cassonetti o sui serramenti dei locali di soggiorno in modo da favorire un certo ricambio d’aria così da ridurre i picchi di umidità negli ambienti.
A questo punto è necessario verificare la presenza e l’influenza dei ponti termici: questo si può fare con una analisi (per esempio con il metodo degli elementi finiti), dei nodi strutturali principali. Di solito nella zona dove si riscontra la muffa la temperatura superficiale è molto bassa e bisogna dunque prevedere un adeguato isolamento termico.
Va osservato che spesso i problemi derivano anche da una cattiva coibentazione attuata in difformità dalle norme.
Nei casi più gravi si può addirittura riscontrare la presenza di umidità e di muffe su tutta la superficie delle pareti, specialmente se orientate verso Nord o poco soleggiate.
A seconda dei casi gli interventi possibili sono la realizzazione di un rivestimento a cappotto esterno se la presenza del fenomeno è diffusa, mentre se il fenomeno è limitato è preferibile intervenire dall’interno o dall’esterno, ma in modo parziale; in ogni caso l’intervento dall’interno può essere difficile da attuare: infatti sottrae spazio agli ambienti e provoca non poco disagio perché deve essere eseguito in ambienti abitati.
5. Conclusioni
Nell’ambito delle murature il laterizio è materiale da costruzione di origini antiche e di grande tradizione.
Il POROTON®, da oltre trent’anni, ne rappresenta la più significativa evoluzione. Un uso appropriato di questo materiale permette di evitare qualsiasi problema del tipo di quelli qui trattati.
Il Consorzio POROTON® Italia è a disposizione per fornire, sulla base della sua esperienza, tutti i consigli che possono essere utili per un corretto impiego dei materiali.