Senza addentrarsi in modo specifico sui contenuti della Circolare citata pare opportuno mettere in evidenza l’importanza del concetto che essa sancisce, ed il fatto che demolizione e ricostruzione così ricomprese nel concetto di ristrutturazione vengono a prevalere sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi, eliminando qualsiasi problema legato al rispetto di vincoli quali altezze, distanze, ecc. che verrebbero applicati per gli edifici di nuova costruzione.
Da tempo si sostiene questa linea di pensiero per ragioni che riteniamo piuttosto evidenti e che pare finalmente stiano trovando un certo consenso.
Diverse pubbliche amministrazioni stanno prendendo in considerazione possibili interventi di questo tipo da attuare per il recupero e la riqualificazione urbana di zone o quartieri degradati.
È imminente per esempio l’approvazione da parte del Consiglio comunale di Bari di un piano particolareggiato che prevede la demolizione e ricostruzione di un intero quartiere in una zona centrale della città, costituito per lo più da una serie di edifici popolari realizzati negli anni ’50.
E in effetti la maggior parte degli edifici del nostro Paese è costituita da costruzioni vecchie o, seppure relativamente recenti, realizzate nell’immediato dopoguerra in assenza di normative specifiche per quanto concerne il comportamento statico, termico o con criteri di economicità che ne compromettono le prestazioni.
Quasi tutti questi vecchi edifici hanno subìto nel tempo diversi interventi (anche abusivi) di adeguamento, di ampliamento, di riadattamento con modifiche radicali delle connotazioni originali che ne mettono in dubbio la sicurezza.
Proprio in questo periodo stiamo assistendo ad una profonda revisione delle norme tecniche sulle costruzioni che vanno ad interessare tutti gli aspetti connessi alle prestazioni che l’edificio deve garantire; si pensi alla nuova classificazione sismica del territorio, che imporrà la progettazione con criteri antisismici praticamente su tutto il territorio nazionale; si pensi alle norme che riguardano il risparmio energetico od a quelle che riguardano il comfort acustico degli ambienti abitativi. E l’elenco potrebbe continuare.
I materiali a loro volta sono soggetti a norme sempre più vincolanti – non ultima l’introduzione della marcatura CE che sta interessando ormai diverse categorie di materiali da costruzione – che ne dovrebbero garantire una maggiore conoscenza qualitativa (resta comunque insostituibile e determinante il ruolo della Direzione Lavori nel verificarne il corretto impiego e la loro rispondenza alle prestazioni dichiarate).
È francamente impensabile ritenere di poter risolvere tutti i problemi semplicemente cambiando le norme tecniche. Queste andranno ad incidere solo sugli edifici di nuova costruzione mentre la maggior parte del lavoro va svolta sul patrimonio edilizio esistente che, in molti casi è difficilmente adattabile oppure, nella migliore delle ipotesi, richiede costi di adeguamento molto superiori al costo di ricostruzione con risultati non sempre certi.
Demolire per ricostruire vuol dire dunque aprire la strada per la riqualificazione di vaste aree urbane degradate, permettendo di realizzare edifici più efficienti da tutti i punti di vista, limitando nel contempo l’espansione delle aree edificate e riducendo il “consumo” di terreno per nuovi insediamenti abitativi con innegabili vantaggi ambientali.
Conclusioni
Riprendendo testualmente alcune considerazioni pubblicate su “Edilizia e Territorio”, si può concludere affermando che “l’attuale formulazione del Testo Unico dell’edilizia (Dlgs 310/2002) apre la strada ad un più efficace ricorso alla demolizione e ricostruzione. La Circolare esplicativa 7 Agosto 2003, n. 4174 coglie pienamente lo spirito della norma che, ampliando la tipologia della ristrutturazione (la quale consente, rispetto alla nuova edificazione, di mantenere le superfici e i volumi del fabbricato anche nel caso in cui siano in eccesso rispetto all’indice di edificabilità ammesso dal Prg) evita la consumazione del territorio poiché consente al proprietario di recuperare e rinnovare l’esistente in sintonia sia con le sue esigenze che con quelle del mercato anziché ricorrere alla nuova edificazione in altro luogo.
Si tratta anche di una scelta politica che ben si inserisce nel contesto attuale della materia urbanistica che privilegia il recupero delle aree abbandonate e dismesse con la specifica finalità di evitare nuove edificazioni nelle residue aree libere.
Rimane infine da segnalare che la demolizione e ricostruzione, essendo una modalità operativa della ristrutturazione edilizia e non una tipologia a sé, può essere realizzata con la denuncia di inizio attività (Dia) o con il permesso di costruire in ragione delle caratteristiche dell’intervento. In altri termini l’intervento sarà soggetto al permesso di costruire nel caso in cui, lasciando identiche sagoma e volumetria, aumenti le unità immobiliari o modifichi i prospetti, le superfici e le destinazioni d’uso, mentre sarà soggetto a Dia nel caso in cui nessuno dei predetti elementi venga modificato.